viaggi per il mondo - by Santi Pane
Non mi aspettavo che fosse così!!
Nelle attese c’era l’immagine di un paese islamico un po’ come quelli vicini che si affacciano sul Golfo Arabico, con una capitale scintillante di lusso e poi il grande deserto di dune, che costituiva per me l’attrazione principale del viaggio. Abbiamo scoperto invece un mondo ricco di fascino, dove una cultura millenaria si concilia alla perfezione con un indirizzo riformista e pacifista, dove al fascino del grande deserto si contrappone la visione dei meravigliosi wadi, gole, canyon, verdissimi palmeti ed antichi villaggi di pietra ed argilla arroccati sulle montagne aride e pietrose, che ricordano tanto le alture del Sinai. Ed ancora meravigliosi fortini, castelli ed antiche torri di osservazione di costruzione medioevale, disseminati un po’ ovunque, dal colore ocra dell’argilla a contrastare il verde intenso dei grandi palmeti circostanti. Questa è l’immagine prevalente del paese che mi porto dentro. Ma l’Oman ci ha regalato anche un mare straordinariamente cristallino, con costoni rocciosi giallo ocra che si alternano a splendide spiagge deserte, dove ogni anno vanno a deporre le uova migliaia di tartarughe marine. Belli e caratteristici i suk ed i mercati locali, affollati di gente e famiglie, tutti rigorosamente con indosso la caratteristica kandura (l’abito-tunica lungo sino alle caviglie, nero per le donne con il capo coperto e bianco per gli uomini, anche se – ho appreso – il colore può variare a seconda della giornata festiva o ricorrenza religiosa).
E’ stato un viaggio breve, ma intenso, con oltre 1400 chilometri percorsi in pochi giorni, toccando località di indubbio fascino, villaggi locali, oasi e wadi, sino al deserto ed al mare del Golfo, a bordo di nuovissime Toyota 4x4 (con posti per 7 persone e quindi comodissime per un equipaggio di 4-5 persone), con le quali abbiamo affrontato tranquillamente ogni tipo di percorso: autostrade perfette, sentieri di montagna pietrose e … sabbia! Una cosa che mi ha letteralmente stupito è stata la constatazione della eccezionale rete stradale che interseca ogni parte del paese: al deserto si arriva percorrendo nuovissime autostrade, altrettanto al mare e nelle località più lontane; ma soprattutto gli omaniti pare non siano ancora soddisfatti e non lesinano risorse (ne hanno tante a disposizione!) per la costruzione di nuove reti autostradali a 3 corsie, come abbiamo potuto verificare pressocchè costantemente lungo i vari tragitti percorsi. Questo sarà senza dubbio il paese con la più efficiente rete autostradale, rapportata ovviamente alla densità dei luoghi e della popolazione.
Arriviamo alla capitale Muskat in aereo a tarda notte, con volo dall’Italia e scalo ad Istanbul. Svolgiamo facilmente e velocemente le pratiche di immigrazione e di noleggio delle due scintillanti Toyota che abbiamo prenotato dall’Italia e che costituiranno il nostro unico mezzo di trasporto durante l’intero tour. Sono nuovissime e confortevoli, con una perfetta combinazione di potenza e resistenza, cambio automatico, trazione integrale, controllo adattivo della trazione ed ogni altra immaginabile diavoleria. Per la prima notte, abbiamo prenotato degli appartamenti (più simili ad un albergo a 4 stelle) alla periferia di Muskat, a metà strada tra l’aeroporto e la capitale. Sveglia di buon mattino, abbondante colazione (non mancate di provare l’Ayran, una sorta di yogurt frullato, con l’aggiunta di sale, foglie di menta e cubetti di ghiaccio) e subito via per una prima visita al centro di Muskat. E’ ordinatissima, elegante, con ogni angolo di strada ornato di verdi aiuole ricche di piante e fiori, a dispetto del clima desertico! Non è la capitale che ti aspettavi . . . intendo una replica degli svettanti grattacieli che caratterizzano le lussuose capitali dei vicini Emirati Arabi. Il lungimirante monarca - il Sultano Qabbos Bin Said - ha infatti imposto precisi dettati architettonici che conciliassero (ed è riuscito molto bene nell’intento) la tradizionale architettura arabo-islamica con i più moderni sistemi di efficienza viaria e di funzionalità: nessun edificio, ad esempio, può superare in altezza l’imponente minareto della splendida Grand Mosque. Analogamente, l’amatissimo Sultano ha avviato, da quando ha preso il potere negli anni ’70, dopo l’indipendenza dal Protettorato inglese, un valido sistema di riforme che ha avviato il paese verso la modernità, senza perdere d’occhio l’attaccamento ai vecchi valori tradizionali della cultura e dell’identità nazionale. Il risultato è una paese in costante crescita e trasformazione, elegante e sobrio, con un clima politico pacifico e “permissivo” : l’Ibodismo omanita, una corrente minore della religione islamica, si caratterizza proprio per i principi di pacifismo, tolleranza ed indulgenza verso gli altri credi religiosi.
Dedichiamo la prima parte della mattinata alla visita della imponente Grand Mosque Qabbos Bin Said (avremo modo di ritornare ed approfondire la visita della capitale al termine del nostro tour) e ci dirigiamo verso la tappa intermedia di Nakhal, a circa un’ora e venti minuti di auto dalla capitale. Qui abbiamo il nostro primo impatto con uno dei tanti fortini/castelli che sono una caratteristica dominante del paesaggio omanita. Si presenta imponente, con il suo colore uniforme giallo ocra (oggi è un museo nazionale) e domina il paesaggio circostante disseminato da enormi palmeti sullo sfondo degli aridi monti rocciosi.
Fa molto caldo (la temperatura sfiora i 40°), si tiene un breve consulto e si decide di fare una deviazione per un vicino wadi con una sorgente che, leggiamo dal web, ospita una folta colonia di pesci pulitori per una “fish pedicure” tutta al naturale! Inseriamo le coordinate nel navigatore ma . . . andiamo da tutt’altra parte! Quando ci accorgiamo dell’errore, è ormai tardi per tornare indietro e quindi proseguiamo nella rotta stabilità verso il Wadi Bani Awf, dove ci rifocilliamo ed alcuni decidono, indossato il costume, di avventurarsi semi-immersi nello spettacolare Little Snake Canyon. Il tempo passa e volge al tramonto, ma abbiamo ancora tempo per visitare il villaggio di montagna (e rispettiva oasi) di Bylad Sayt. E’ un percorso estenuante in mezzo alle montagne, tra strade strette e pietrose che si affacciano su burroni e panorami mozzafiato. Arriviamo che fa quasi buio, abbiamo poco tempo a disposizione solo per qualche foto e per sentire il richiamo del muezzin che campeggia nell’aria.
Ancora parecchia strada da fare per la nostra tappa serale di Bahla, dove giungiamo stanchi nella tarda serata. Non c’è tempo per una doccia in albergo, così optiamo per passare direttamente alla cena in un tipico ristorante locale. Qui veniamo ripagati abbondantemente con una delle più belle cene del nostro tour: tavolo all’aperto (la temperatura è gradevole, oltre i 30 gradi) ed una grigliata senza fine di carni locali, deliziose polpette di agnello (kofta) ed innumerevoli contorni (ma tutti vanno pazzi per l’hummus, la tipica crema di ceci araba!). Passiamo 2 notti a Bahla (ottima la scelta degli appartamenti, dotati di ogni comodità). Sveglia e colazione di buon mattino ed esploriamo il nostro primo suk: non è giorno di mercato e quindi funziona a ranghi ridotti, ma è già un’immersione nella vita e nel mondo degli omaniti. Compriamo svariate taniche di acqua da 5 litri che depositiamo al fresco sotto il flusso dell’aria condizionata e nel vano posteriore del fuoristrada (ben presto, tuttavia, si riscaldano, ma quando fa così caldo sono sempre le benvenute!). Visita all’altro meraviglioso Castello di Jabrin (XVII secolo), abbagliato dal sole, che domina l’arido territorio circostante. Oggi è un museo interessante da visitare, con decori ed angoli architettonici molto belli e finestre che si affacciano sul palmeto; in passato rivestiva il duplice ruolo di fortezza difensiva e di scuola di medicina, astrologia e cultura islamica. Saltiamo il pranzo (abbiamo in programmato una cena a base di pesce), ma facciamo fuori durante il tragitto intere scatole di tante varietà di biscotti (eccellenti quelli al pistacchio), mandorle e gli immancabili datteri.
Pomeriggio dedicato alla visita di alcuni villaggi rurali, su cui spicca l’imperdibile visita di Misfat Al Abryeen (Al Hamra), un antico villaggio arroccato su un costone roccioso che domina la valle sottostante. Si può visitare solo a piedi, dopo aver parcheggiato l’auto all’ingresso, immergendosi nel dedalo di viuzze di vecchie case di fango ed argilla abbandonate, una vera e propria città fantasma del passato (il villaggio abitato sì è spostato più in alto), anche se è cominciata una lenta opera di recupero di questo tradizionale patrimonio abitativo. Incontriamo degli operai edili (pakistani e del Bangladesh, come tutta la stragrande maggioranza della manodopera locale), che ci fanno spontaneamente da guida e ci aprono una delle case in restauro, dalla cui terrazza abbiamo la possibilità di spaziare con lo sguardo sull’intera vallata e sulle coltivazioni a terrazze delle palme da dattero. Segue una improvvisata visita ad una casa museo, dove apprendiamo le usanze degli antichi abitanti, sorseggiando thé e caffè omanita (forte e aromatizzato), gustando ottimi datteri, elemento basilare della dieta omanita, e sfoglie di pane azzimo preparato sul momento.
(guarda lo slideshow sotto)
Siamo giunti al 3° giorno del nostro tour. Le cose da fare e vedere sono tante ed è impossibile concentrarle nella stessa giornata. Così ci dividiamo in due gruppi per priorità di interesse: un primo si sveglia prestissimo all’alba per un trekking (che si rivelerà appagante) sul ciglio del canyon del Jebel Shams, la vetta principale e più alta del paese; l’altro opterà per una visita più approfondita di Nizwa, la vecchia capitale del regno, con lo spettacolo offerto dai colori, dalla gente e dalle mercanzia del suo grande suk.
E’ la giornata di giovedì; il mercato si svolge nella prime ore della mattinata per il forte caldo e già alle 11,30 comincia a chiudere i battenti. Permeati dall’odore e dalle fragranze dell’incenso onnipresente, vediamo di tutto, dall’artigianato ai laboratori di sartoria ed al mercato delle spezie, da quello della carne e del pesce a quello della frutta e, specificamente, dei datteri: una delizia l’assaggio (libero e gratuito) delle vaie selezioni. In Oman il dattero è considerato l’ “albero della vita”, in quanto da esso si ricavano legno, olii medicinali e ovviamente cibo, ad alto contenuto calorico. Si stima che vi siano oltre 8 milioni di palme da dattero nelle oasi sparse in tutto il paese.
Peccato che sia giovedì . . . il giorno successivo (ogni venerdì), si tiene infatti l’imperdibile spettacolo del Goat Market al Suk di Nizwa, che è un 'must' imperdibile per tutto ciò che si vede e si incontra durante la contrattazione delle capre ed ovini, con i beduini nei tipici costumi locali che raggiungono la città dalle montagne sin dalle prime ore dell’alba, per poi farvi ritorno al termine delle vendite.
Il gruppo si ricongiunge nella piazza principale della cittadina, davanti al grande forte/castello per l’ora di pranzo: c’è appena il tempo di un leggero spuntino e di una bibita fresca in quanto ci aspettano quasi 3 ore di viaggio per quella che, a mio avviso, è la tappa più attesa del nostro itinerario: il deserto e le straordinarie dune di Wahiba Sands
Percorriamo un’ autostrada nuovissima praticamente sino alle porte del deserto; poi svoltiamo per un lungo tratto sabbioso (circa30 minuti di trasferimento) dove il paesaggio desertico diviene progressivamente dominante, con alte dune ocra e rossicce che si stagliano ai lati del nostro percorso. Finalmente, ansiosi e trepidanti, giungiamo alla fine del percorso e ad un bellissimo campo tendato che però. . . non è il nostro!! Ancora una volta le coordinate satellitari inserite nel navigatore ci hanno traditi … (vatti a fidare!). Ma non ci perdiamo d’animo. Alberto riesce a mettersi in contatto con i gestori del campo (quelli che ci stavano aspettando!) . . . ci dicono di non muoverci da lì e che ci verranno a prendere ed a guidarci lungo la strada con il loro pick up. In meno che non si dica, in effetti, lo vediamo sbucare da lontano in una nuvola di sabbia. Tempo delle presentazioni e siamo pronti a risalire in auto: ma non conviene tornare indietro per il sentiero principale, troppa strada . . . ci consigliano di tagliare attraverso un percorso alternativo in cui dovremo affrontare qualche duna. . . poca cosa, ci tranquillizzano!! E qui metteremo alla prova le vere capacità del nostro 4x4. Pare facile, ma non lo è affatto! Comunque procediamo, sempre più trepidanti, con l’adrenalina ormai in circolo e che non si può più arrestare, sino a quando ci troviamo a dover affrontare il superamento di una duna che ci appare particolarmente alta. Si prova con il primo dei due 4x4. . . grande accelerata, qualche sbandata ma sembra farcela davvero se non che . . . si ferma in bilico sul crinale ad appena un metro dal superamento della cresta, scivolando lentamente ed inesorabilmente all’indietro sulla sabbia soffice! Il beduino che sta alla guida del pick up dice che è facile, solo è necessaria una maggiore convinzione, una maggiore rincorsa ed una accelerata nella parte finale! Qualcuno (tra cui il sottoscritto) scende dall’auto per alleggerire il peso e . . . perché no?, sicuro che l’evento sia degno di una ripresa, anche se improvvisata con lo smartphone. Stiamo tutti a guardare e ad incitare, la rincorsa c’è, l’accelerata sembra buona, ruggente . . . forse troppo!!! . . . la Toyota salta letteralmente oltre la cresta, con un ruggente balzo, sbandando poi sulla parete di una duna vicina ed atterrando letteralmente, con tutto il suo peso, sulla sabbia soffice. Che bella ripresa! Uawhhh, ci voleva! Ma a gelare il nostro nuovo entusiasmo, la visione del beduino che impreca gesticolando con ambedue le braccia (avrà fatto scendere dal cielo tutti i santi del (suo) paradiso!!!). Il grande balzo, ed il conseguente atterraggio, hanno infatti provocato lo scoppio della gomma, in mezzo alle dune, nel pieno deserto!!
Cent’anni di salute al nostro beduino-guida, che non si perde d’animo . . . dice di andare a richiedere l’aiuto di un amico e di tornare presto con l’attrezzatura necessaria. A pensarci bene poteva finire anche peggio: temevamo si fosse spezzato l’asse o qualcosa di grave . . . la rottura di una gomma è tuttavia sempre rimediabile, anche se in mezzo alle dune. Di lì a poco, infatti, con nostro grande sollievo, il nostro beduino-guida ritorna, preannunciando il suo arrivo con il rombo del suo pick up letteralmente avvolto da una nuvola di sabbia. Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare . . . mai come in questo caso dobbiamo dare atto della bravura dei due beduini a rimediare nel migliore dei modi al piccolo incidente. Si solleva l’auto con il crick, si studia la ruota, poi si decide che non è necessario sostituirla e che probabilmente si rimetterà a posto . . . infatti la gonfiano lentamente con un compressore collegato alla batteria dell’auto! Che bravi, niente da dire! Il resto del percorso viene svolto con estrema prudenza; c’è da affrontare una duna in discesa ripidissima . . . loro (le nostre due guide beduine) dicono che è facile! Meglio così, noi preferiamo scendere dall’auto: “ecco le chiavi, Amico! fallo tu per noi . . . Insciallah!”
A tramonto ormai inoltrato giungiamo al nostro agognato campo tendato : è essenziale, con tende a due posti che contengono rete e materasso, uno sgabello, una lanterna a led di emergenza ed un tappeto per tutta l’ampiezza della tenda. Il bagno (con doccia) è sul retro della tenda, in cemento ed a cielo aperto. Non è poi così male. Il campo si trova poi in posizione strategica, su un avallamento circondato da dune altissime. E’ stata una giornata dura, lunga e piena di emozioni! Ci attende adesso la cena al lume di candela presso una grande tenda comune su un lato del campo, che condividiamo con pochi altri ospiti di diverse nazionalità. La notte nel deserto offre sempre delle emozioni. Ale, tra i più’ giovani del gruppo, decide di provare un dormiveglia sulla più vicina delle dune. La visione di una tarantola gigante che scorrazza ai margini della tenda comune ci pone alcuni comprensibiili interrogativi o timori che si voglia dire. La illuminiamo a debita distanza con la luce di uno smartphone, proprio mentre sembra scontrarsi e sopraffare un scorpione venti volte più piccolo, ma poi . . . batte in ritirata, quando quest’ultimo la fronteggia coraggioso con il suo pungiglione di coda minacciosamente proteso verso l’alto. I dubbi (o timori!) albergano nella nostra mente prima di prendere sonno, sino a che ci chiudiamo nel velo antizanzare che protegge il nostro talamo nel deserto.
L’appuntamento è all’alba (significa alle 05:45), per salire sulle dune e vedere il sole che nasce. . . una magìa di sensazioni ed uno spettacolo di colori. Non tutti ce la fanno a presentarsi puntuali all’appuntamento, ma poco importa . . . la visione delle dune altissime e sterminate all’orizzonte è sempre uno spettacolo i-m-p-e-r-d-i-b-i-l-e-! Come tutte le cose belle richiede un certo prezzo, nel nostro caso scalare una prima duna che è alta quasi quanto un palazzo a quattro piani. Sembra facile, ma non lo è; la salita è ripidissima ed i piedi sprofondano sulla sabbia e scivolano all’indietro, della serie che per avanzare di due passi bisogna farne quattro. Le pulsazioni aumentano freneticamente per la fatica, pare ti manchi il respiro. Poi, quando sembri essere arrivato sulla cresta, ti accorgi che c’è ancora un’altra duna più piccola da scalare necessariamente perché tu possa avere la visuale desiderata. Ma quando la raggiungi . . . è qualcosa che ti ripaga alla grande!, la vastità del deserto all’orizzonte, le dune che si profilano all’infinito, con il gioco d’ombre e di colori provocati dai raggi del sole. Insciallah! E va bene così, si ridiscende, pronti per la colazione ed un’altra giornata che si prospetta non meno interessante! Alcuni del gruppo optano per un breve giro al dorso di cammello (se lo si è già provato in passato, probabilmente non ne vale la pena: è un giro abbastanza “turistico”, della durata di poco più di venti minuti, e se lo fanno pagare profumatamente). I più volenterosi del gruppo si dedicano invece alla sostituzione definitiva della ruota incidentata la sera prima e che troviamo nuovamente a terra al nostro risveglio. Si parte in direzione della costa, un tragitto di diverse ore intervallato da uno dei posti naturalistici più affascinanti ed interessanti dell’Oman, il tanto decantato Wadi Bani Khaled.
E’ un’oasi fantastica, con un corso d’acqua che scorre per oltre un chilometro tra enormi massi di roccia bianca ed una folta vegetazione, formando pozze e laghetti ideali per la balneazione. E’ la giornata di venerdì, quindi giorno di festa per la popolazione locale e troviamo l’oasi piuttosto affollata. La percorriamo fino in fondo, addentrandoci (della serie “non ce ne perdiamo una”) nella Mukal Cave, una grotta sotterranea dove non filtra un filo di luce. Accompagnati da alcuni ragazzini locali che ci fanno luce con potenti torce, alcuni di noi strisciamo letteralmente in un lungo corridoio alto non più di 40 centimetri, sino a raggiungere una minuscola pozza di acqua che ci da un minimo di sollievo contro il caldo soffocante, i vapori e l’umidità che rendono l’aria quasi irrespirabile. Godiamo diverse ore di relax tra bagni di sole e sguazzando tra i laghetti di acqua verde.
Nel primo pomeriggio ci rimettiamo in marcia per raggiungere l’ultima tappa del nostro itinerario prima del rientro a Muskat. Maciniamo ancora chilometri e chilometri (sempre su autostrade nuovissime e che ci sembrano quasi ‘sprecate’ per l’importanza e la fruizione limitata dei posti che collegano), raggiungendo prima del tramonto la località costiera di Ras Al Hadd , circa 240 chilometri a sud della capitale.
Le spiagge sono enormi e pressoché deserte, solo qualche locale accovacciato sulla sabbia (sempre con l’immancabile tunica Kandura che costituisce per noi un certo motivo di disagio (in tutti i luoghi passibili di balneazione, spiagge, laghetti o wadi, abbiamo sempre trovato cartelli che invitano i turisti a coprirsi con un certo decoro, nel rispetto della cultura e tradizione locale). Il tramonto è bellissimo, l’acqua del mare è cristallina, anche se la poca luce del pomeriggio inoltrato non rende giustizia ai colori azzurro-turchese che scopriremo la mattina seguente con un giro in barca lungo la costa.
Il nostro Alberto ha preso contatti con una guida locale, un ragazzone estroverso e chiacchierone, con il quale risulta difficile non simpatizzare. A lui il compito di organizzarci una delizioso barbecue serale di pesce appena tirato dalle reti, sistemandoci al meglio su una tavolata di travi improvvisata. Ma la vera ciliegina è il dopocena: tutti a bordo del suo sgangherato pick up, impregnato dell’odore del pescato e di nafta, alla ricerca lungo l’esteso litorale delle tartarughe intente alla deposizione delle uova e della schiusa di altre deposte nei mesi precedenti. Un solo rammarico: non avere potuto riprendere adeguatamente lo spettacolo cui abbiamo assistito, essendo rigorosamente vietato dai rangers della riserva di fare luce con l’utilizzo dei flash.
Ci svegliamo carichi e riposati per l’ultimo giorno del nostro tour, che comincia con una gita in barca alla ricerca dei delfini (che però non incontriamo). In compenso ammiriamo scorci incontaminati di spiagge bianche deserte, sullo sfondo del colore ocra delle rocce circostanti e del deserto, circondate da un mare con le graduazioni turchesi tipico delle più belle spiagge tropicali. Abbiamo il tempo di una doccia e di chiudere i bagagli, mettendo da parte o nello zaino a mano i vestiti che indosseremo a notte inoltrata in aeroporto, prima del volo notturno che ci ricondurrà in Italia.
By SANTI 05/2019